domenica 26 maggio 2013

Inno a Satana

Un bello e orribile
mostro si sferra,
corre gli oceani,
corre la terra:                       172
corusco e fumido
come i vulcani,
i monti supera,
divora i piani,                      176
sorvola i baratri;
poi si nasconde
per antri incogniti
per vie profonde;                 180
ed esce; e indomito
di lido in lido
come di turbine
manda il suo grido,            184
come di turbine
l’alito spande
ei passa, o popoli,
Satana il grande;                188
passa benefico
di loco in loco
su l’infrenabile
carro del foco.                     192
Salute, o Satana,
o ribellione,
o forza vindice
della ragione!                      196
Sacri a te salgano
gl’incensi e i voti!
Hai vinto il Geova
de’ sacerdoti.                       200

Giosue Carducci,  Inno a Satana, Bologna  1869

Ecco l'omaggio del grande poeta Giosue Carducci al simbolo del progresso nella sua epoca: il treno. Egli ne esalta le caratteristiche di violenza e di velocità: esso è bello e orribile allo stesso tempo, risponde ad un ideale estetico che non rimanda all'armonia ma, al contrario, all'antitesi di essa: la brutalità dell'innovazione che deturpa i paesaggi naturali con i rumori delle rotaie sui binari e il fumo che tutto avvolge e nasconde ogni possibile visione. E il riferimento a Satana si compie soprattutto nei frequenti vocaboli che si riferiscono al fuoco ( vulcani, carri del foco) che ben rendono l'idea di questa macchina inarrestabile che attraversa la natura incontaminata fino a quel momento.

Pneumatici

L'invenzione dell'automobile fu certamente favorita dalla comparsa della macchina a vapore, molto più leggera di quelle ad acqua e a carbone, fattore che permise di posizionarla su mezzi di trasporto.
Tuttavia non è da trascurare l'importanza dell'introduzione dello pneumatico nella diffusione di questa.

Lo scozzese John Boyd Dunlop è l'inventore del copertone pneumatico, da oltre un secolo utilizzato in molti mezzi di locomozione. Dunlop cercò di migliorare inizialmemente il comfort e le prestazioni delle ruote di bicicletta con l'intuizione di frapporre tra il cerchione della ruota e il terreno un copertone gonfiabile, che attutisse i piccoli urti che la ruota deve sopportare.
La sua invenzione, che ha rivoluzionato i trasporti rendendoli più sicuri e confortevoli, si basa su un'intuizione abbastanza semplice.
Era la fine del 19° secolo e i trasporti, dalla bicicletta ai primi mezzi a motore, erano in pieno sviluppo. Si dice che Dunlop percorrendo le strade irlandesi, allora non asfaltate e quindi dissestate, abbia avuto l'idea di migliorare le ruote di bicicletta, costituite al tempo da cerchi di materiale vario come legno o metalli o gomma piena, interponendo fra la strada e il cerchione un tubo cavo di gomma, gonfiato con aria. Realizzò così nel 1887 il primo pneumatico per il triciclo del figlio e brevettò la sua idea l'anno successivo.

http://www.treccani.it/enciclopedia/john-boyd-dunlop_(Enciclopedia-dei-ragazzi)/

Brevetto telegrafo

giovedì 16 maggio 2013

Progresso nel cinema




Charlie Chaplin, Tempi moderni, (1936)

Termine "progresso"

progrèsso s. m. [dal lat. progressus -us, der. di progrĕdi «andare avanti, avanzare»; il significato della parola nel suo uso assololuto è derivato da quello che i termini corrispondenti in francese e in inglese hanno acquistato nel sec. 18°].
http://www.treccani.it/vocabolario/progresso/

Progresso (italiano)
Progrés (francese)
Progreso (spagnolo)
Progresso (portoghese)
Progres (rumeno)
(Weiter)entwicklung (tedesco)
Vooruitgang (olandese)
Headway (danese)
Headway (svedese)
Headway (norvegese)
Edistyminen (finlandese)
Angličtina (ceco)
Pokrok (slovacco)
Postep (polacco)
Прогрес (ucraino)
Прогресс (russo)
Napredak (croato)
Напредак (serbo)
Napredek (sloveno)
Πρόοδος (greco)
Përparim (albanese)
Напредък (bulgaro)
Напредокот (macedone)
Ilerleme (turco)

Possiamo osservare come la parola "progresso" sia tradotta in modi molto diversi nelle varie lingue europee, tranne i casi in cui le lingue appartengono allo stesso ceppo linguistico, in cui si constata che la traduzione è molto simile. In particolare l'origine latina del termine è rimasta nelle lingue romanze o fortemente influenzate dal latino come l'inglese.

http://temi.repubblica.it/UserFiles/limes/Image/Carte3/2010_4QSLingueEuropee800.jpg

domenica 12 maggio 2013

Progresso in arte

Umberto Boccioni, Forme uniche della continuità nello spazio, bronzo, 1913


Giacomo Balla, Velocità d'automobile, 1913



Luigi Russolo, Dinamismo di un automobile, 1912-1913

Futurismo e progresso

Noi affermiamo che la magnificenza del mondo si è arricchita di una bellezza nuova: la bellezza della velocità. Un automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall'alito esplosivo..un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più belllo della Vittoria di Samotracia.
F. T. Marinetti, Manifesto iniziale del Futurismo, Parigi, 1909

Il Futurismo è il movimento artistico e culturale che più di ogni altro eleva il mito del progresso e inaugura una nuova estetica legata alla <<macchina>>: i valori di armonia e ordine delle opere classiche ormai sono suparati da quelli di dinamismo, energia, aggressività che si possono attribuire ai nuovi prodotti dell'industria e della tecnologia, le macchine, considerate un'estensione della forza del'uomo e la migliore espressione di questi nuovi ideali estetici.


http://alternativedemocratiche.wordpress.com/2011/07/18/futurismo-larte-dei-regimi-e-delle-fabbriche/

Il progresso in versi

Ho provato ad immaginare il progresso
Come una grande anima malata
Una enorme concatenazione di cause ed effetti
Grandi numeri e probabilità infinitesimali

Come certe albe di Roma
La cui luce elenca piano gli alberi
Così la linea del progresso si espande
Trasformando i colori delle cose in uno solo
Il bianco

Ho provato ad immaginare il progresso
Come masse di uomini che si spostano
Rincorrendo equilibri impossibili
Mescolando il colore di una bandiera
Con il rumore elettrico di un fast food
Io confondo il bene con i beni
E mi disperdo la coscienza in sensi unici

Guarderò il progresso da lontano
Per esserne affascinato e non coinvolto fino in fondo
Non vedo un altro modo per salvare l'entusiasmo
In questo mondo

Dove ognuno tende ad inseguire
Solo l'ideale di se stesso
Moltiplicando il senso del potere
Ricercando il compromesso

Eppure noi viviamo nel progresso
Lo utilizziamo per ascoltarci
Per accomodarci, per salvare l'entusiasmo
E lo fraintendiamo con la cultura dell'immagine
Del corpo, dell'apparenza

Ne occupiamo le frequenze,
e ci serviamo di certe sue estensioni
fino a rimanerne abbronzati
perchè può sostituire anche la luce del sole
e la ricerca di un Dio

Così, d'istinto, cerchiamo protezione
E poniamo distanze tra l'ideale di noi stessi
E tutto il diverso
Moltiplicando il senso del potere,
ricercando il compromesso.

Guarderò il progresso da lontano
Per esserne affascinato e non coinvolto fino in fondo
Non vedo un altro modo per salvare l'entusiasmo
In questo mondo

Dove ognuno tende ad inseguire
Solo l'ideale di se stesso
Moltiplicando il senso del potere
Ricercando il compromesso

Mi piace immaginare un altro punto dell'universo
Opposto al nostro
Dove un uomo divaga sul progresso del suo mondo
Da una finestra ricavata
In mezzo a una metropoli
Tiromancino, Il progresso da lontano, album In continuo movimento, 2002









Il motore del 2000 sarà bello e lucente
Sarà veloce e silenzioso, sarà un motore delicato
Avrà lo scarico calibrato e un odore che non inquina.
Lo potrà respirare un bambino o una bambina.

Ma seguendo le nostre cognizioni
Nessuno ancora sa dire come sarà, cosa farà
Nella realtà il ragazzo del 2000,
questo perché nessuno lo sa.
L'ipotesi è suggestiva, ed anche urgente,
ma seguendo questa prospettiva,
oggi ne sappiamo poco o niente.

Noi sappiamo tutto del motore
Questo lucente motore del futuro.
Ma non riusciamo a disegnare il cuore
Di quel giovane uomo del futuro.
Non sappiamo niente del ragazzo
Fermo sull'uscio ad aspettare
Dentro a quel ghetto del 2000
Non lo sappiamo immaginare.

                                                              Lucio Dalla, Il motore del 2000, album Automobili, 1976


sabato 11 maggio 2013

Brevetti

Ecco i brevetti di alcune invenzioni citate nel blog:

Telegrafo

Radio

Automobile

Pneumatico

Televisore

Il primo specchio dei sogni, grande e nero e pieno di manopole che non dovevano essere toccate da mani inesperte, altrimenti si guastava tutto!, fece il suo ingresso [...]. Già nei giorni precedenti, però, c'era stato per le scale un certo movimento di operai che avevano sistemato sul tetto della casa uno speciale traliccio, detto <<antenna>>, da cui scendevano dei fili che andavano a collegarsi con la scatola dello specchio e anche con un'altra scatola più piccola, appoggiata sopra un ripiano del piedistallo, che nessuno sapeva a cosa dovesse servire. Alla fine, lo specchio si accese e incominciò a funzionare come un piccolo cinematografo[...].
                                        Sebastiano Vassalli, Cuore di pietra, Capitolo 28, Torino, Einaudi, 1996
Televisore: apparecchio ricevente televisivo, in passato solo in bianco e nero, attualmente quasi esclusivamente a colori, di varie misure e tipologie tecniche; in particolare, televisore a tubo catodico (il primo entrato in commercio), costituito schematicamente da uno speciale tubo a raggi catodici (cinescopio), sullo schermo fluorescente del quale si formano le immagini per mezzo di un pennello elettronico controllato dal segnale video, che ne modula l’intensità, e dai segnali per la corretta deflessione; dai dispositivi per la captazione dei segnali video e di sincronismo (un amplificatore a larga banda nel caso di sistemi televisivi via cavo, ovvero un’antenna e un radioricevitore nel caso di sistemi radiotelevisivi); e da un apparato che riceve e amplifica il segnale audio, applicandolo poi all’altoparlante.

grammidistoria.wordpress.com

giovedì 9 maggio 2013

Radio

[...] e dalla scatola delle meraviglie facevano irruzione in tutte le case le note di una musica esotica detta <<charleston>>, o quelle più languide di una canzone dedicata a Lucia (<<Solo per te Lucia, va la canzone mia...>>). Arrivavano fino nei paesi più sperduti le notizie del giorno, anche per chi  non aveva mai letto il giornale e anche per chi non sapeva leggere; c'erano i due anarchici che venivano processati nella lontanissima America, c'era il campione di ciclismo che vinceva sempre e dovunque, c'era lo smemorato conteso da due mogli e da due famiglie, c'era il generale Nobile che volava verso il Polo Nord con il suo dirigibile... Improvvisamente, il mondo era diventato così piccolo, che anche nella città di forte alle montagne si sapeva ciò che accadeva in America, in Giappone, come se stesse accadendo nella casa di fronte[...].
                                         Sebastiano Vassalli, Cuore di pietra, Capitolo 23, Torino, Einaudi, 1996

 Radiocomunicazione: Comunicazione a distanza che utilizza come mezzo di trasmissione radioonde, cioè onde elettromagnetiche di frequenza compresa tra qualche kHz e circa 300 GHz. Un sistema di radio bilaterale richiede che ciascuna delle stazioni in comunicazione disponga di alcuni elementi essenziali: il trasmettitore e l’antenna trasmittente, che provvedono rispettivamente a generare le radioonde imprimendo in esse le informazioni da trasmettere (modulazione) e a irradiare le radioonde così modificate; l’antenna ricevente e il radioricevitore, che provvedono rispettivamente a captare le radioonde e a ricavare da esse le informazioni impresse. La data più significativa nella storia delle radiocomunicazioni in generale, dopo gli esperimenti effettuati in laboratorio o all’aperto a distanze relativamente piccole da vari scienziati nell’ultimo decennio del 19° sec., è quella del 12 dicembre 1901. Quel giorno, a S. Giovanni di Terranova, nell’America Settentrionale, furono ricevuti da Guglielmo Marconi segnali radioelettrici trasmessi attraverso l’Atlantico dalla stazione trasmittente da lui stesso installata a Poldhu (Cornovaglia). Da allora gli sviluppi e i perfezionamenti della tecnica delle radiotrasmissioni sono stati continui e le radio sono entrate nell’uso comune trasformando tutti i settori delle attività umane, contribuendo all’evoluzione della cultura e del costume e dando un decisivo contributo in situazioni di emergenza.

www.treccani.it/enciclopedia

mercoledì 8 maggio 2013

Automobile

Le due automobili, dunque, l'automobile nera e l'automobile rossa, si insediarono nella casa sui bastioni con l'autorevolezza e la monumentalità delle macchine di quell'epoca.
                                              Sebastiano Vassalli, Cuore di pietra, Torino, Einaudi, 1996

Automobile: autoveicolo per il trasporto di un limitato numero di persone su strada.

Le più antiche intuizioni sulla possibilità di costruire veicoli stradali a trazione meccanica, cioè azionati da un motore installato a bordo e dotati di organi meccanici per trasmettere il movimento a una o più ruote (  R. Bacone, R. Valturio, Leonardo da Vinci), non poterono condurre a risultati concreti per mancanza di motori adatti. Dopo alcuni primi tentativi nel 17° sec. per la progettazione di motori utilizzanti la forza del vapor acqueo, solo la comparsa delle prime motrici a vapore a semplice effetto rese possibile a N. J. Cugnot, nel 1769, la costruzione di un veicolo semovente a tre ruote, applicate a un robusto telaio di legno. Le due ruote posteriori erano portanti e l’anteriore, orientabile, era azionata per mezzo di arpionismi da un motore a vapore a due cilindri verticali. Tuttavia, il veicolo presentava un grave inconveniente: esaurita l’acqua in caldaia, doveva rifornirsi e attendere che si stabilisse una pressione in caldaia sufficiente perché il vapore agisse nei cilindri.
Intanto,per merito di E. Lenoir in Francia nel 1860, nacque il motore a gas, alimentato in seguito da combustibile liquido (benzina, petrolio). Quindi il tedesco S. Marcus (1877) costruì il motore a scoppio a quattro tempi, che G. Daimler, nel 1880, perfezionò e adattò all’impiego automobilistico. Il veronese E. Bernardi, nello stesso anno, costruì un motore a benzina secondo il principio di Lenoir e, nel 1884, la prima automobile italiana, a triciclo. Daimler, nel 1887, costruì il primo motore a benzina leggero e veloce, dal funzionamento sicuro e dalla regolazione assai semplice: due anni dopo, ottenne un motore con due cilindri a V agenti su un unico albero, dotato di tubi a incandescenza di platino per l’accensione, di distribuzione a valvole, di carburatore a gorgoglio d’aria, di raffreddamento con circolazione di acqua mossa da una pompa e raffreddata in un radiatore. Tra il 19° e il 20° sec. iniziarono l’attività in campo automobilistico le principali industrie tuttora esistenti (Ford 1896, Renault 1896, Fiat 1899, Daimler-Benz 1900, Alfa 1906 ecc.).
http://www.treccani.it/enciclopedia/


giovedì 2 maggio 2013

Velocipede

Una mattina di primavera - era una domenica - nella città di fronte alle montagne e più precisamente sul viale dei bastioni davanti alla casa comparvero quattro veicoli fatti ciascuno di due sole ruote, che venivano avanti seguendo la strada e però non erano manovrati da acrobati di mestiere, come si sarebbe potuto credere, ma da quattro stimati professionisti, ben noti agli abitanti della città alta. [...] vestiti come per andare a cavallo, stavano seduti in cime alle ruote dei rispettivi veicoli e facevano girare con i piedi un ingranaggio dentato che, tramite una catena, trasmetteva il movimento alla ruota più piccola a quella più grande.
                                              Sebastiano Vassalli, Cuore di pietra, Capitolo 9, Torino, Einaudi, 1996

Velocìpede : veicolo a due ruote, antesignano della bicicletta, con la ruota anteriore grande e quella posteriore piccola, senza catena di trasmissione e con i pedali solidali alla ruota anteriore e sellino posto sopra di essa. La ruota anteriore aveva dimensioni molto grandi per aumentare lo spazio  percorso con un singolo giro di pedali e quindi la velocità. Il primo velocipede fu realizzato nel 1838, mentre il primo a pedali nel 1855.


http://it.wikipedia.org/

Telegrafo

Telegrafo
Telegrafo: In senso generico, si dice telegrafo qualsiasi dispositivo o apparecchio atto a realizzare un sistema di telegrafia. Con telegrafia si intende il ramo delle telecomunicazioni che tratta i metodi per ottenere la riproduzione a distanza del contenuto di documenti come scritti, stampati o figure, o la riproduzione a distanza di informazioni in una di tali forme.


Il primo sistema di telegrafia elettrica che ebbe diffuso impiego pratico fu quello, per la scrittura su nastro di carta di segni costituenti i segnali, messo a punto intorno al 1837 da S.F.B. Morse. Nel sistema è usato il codice Morse, nel quale i segnali corrispondenti ai vari caratteri sono costituiti da segni brevi (punti), segni lunghi (linee) e intervalli; ciascun segnale è formato da una determinata serie di punti, linee e intervalli e ha in generale una lunghezza diversa dagli altri. La comunicazione a distanza di caratteri stampati fu realizzata con il sistema stampante Hughes (1855), nel quale si avevano sia nell’apparato trasmittente sia nell’apparato ricevente due sistemi rotanti fatti muovere in sincronismo per mezzo di regolatori meccanici di velocità. Nel 1874 fu realizzato il sistema Baudot, che utilizzava un codice con segnali di lunghezza costante a 5 elementi, analogo per certi aspetti a quello delle più moderne telescriventi. Nel sistema Baudot il problema di aumentare il rendimento, senza per questo richiedere agli operatori prestazioni troppo onerose, è stato risolto distanziando l’emissione di due successivi caratteri di una trasmissione di un tempo superiore alla durata di un carattere, e mettendo in quell’intervallo di tempo il circuito a disposizione di un’altra trasmissione; diffuso fu l’impiego di sistemi quadrupli, nei quali su uno stesso circuito si operano quattro trasmissioni contemporanee, due per ciascun verso (trasmissione e ricezione). Ai primi del Novecento, dopo le esperienze di G. Marconi (1895-96), ebbe inizio l’impiego di radioonde nella trasmissione telegrafica (radiotelegrafia ).http://www.treccani.it/enciclopedia/telegrafia/

Ferrovie

Tutt'a un tratto - diceva, allargando le braccia come per scusarsi- il mondo che era rimasto fermo per quasi mezzo secolo si era rimesso in movimento: treni e piroscafi arrivavano dappertutto in poche ore, al massimo in  pochi giorni, e le attività umane erano diventate frenetiche.
                                             Sebastiano Vassalli, Cuore di pietra, Capitolo 3, Torino, Einaudi, 1996 Locomotiva
Locomotiva: (fr. locomotive; sp. locomotora; ted. Lokomotive; ingl. locomotive engine). - È la macchina più nota, con la quale nacque la trazione meccanica. Può considerarsi l'emblema del secolo XIX, dominato dal perfezionamento dei mezzi di trasporto.

I primi tentativi di locomozione meccanica si può dire che risalgano al 1769, quando N.-J. Cugnot riuscì a far camminare un carro munito di una primordiale macchina a vapore; ma vere locomotive si possono dire soltanto quelle costruite in Inghilterra nei primi dell'Ottocento. Anzi per trovare una macchina che meriti di essere considerata il prototipo della locomotiva moderna occorre portarsi al 1829. Fu in quell'anno che, a seguito di un concorso indetto dalla Ferrovia Liverpool-Manchester, G. Stephenson vinse il premio con la sua celebre "Rocket" (il razzo). Altro inventore, T. Hackworth, presentò allo stesso concorso una locomotiva nominata "Sans pareil" nella quale si nota una particolarità mancante alla macchina dello Stephenson: le ruote accoppiate mediante una biella. Questo piccolo espediente, decisivo per l'applicazione della locomotiva all'esercizio delle ferrovie con le sue diverse esigenze di velocità e di sforzo di trazione, permettendo in confronto alle macchine con ruote libere il trasporto di carichi maggiori, rappresentò, si può dire, l'inizio della specializzazione delle locomotive fra quelle per servizio viaggiatori e quelle per servizio merci: veloci, ma con limitato sforzo di trazione le prime; lente, ma capaci di grande sforzo le altre.

http://www.treccani.it/enciclopedia/locomotiva_(Enciclopedia-Italiana)/



La prima linea ferroviaria del mondo fu quella che connetteva le città di Liverpool e Manchester. Inaugurata nel 1830,  inizialmente era pensata come linea merci, ma presto divenne molto sfruttata per il trasporto di passeggeri.

In Italia la prima linea ferroviaria fu la Napoli-Portici, inaugurata il 3 ottobre 1939 dal re Federico II di Borbone su progetto della Società francese Bayard.
A partire dall'Unità d'Italia lo sviluppo della rete ferroviaria ebbe in quel periodo un impulso straordinario tanto che nei cinque anni successivi la strada ferrata in Italia raddoppiò la sua estensione raggiungendo circa i 5.000 km. Intanto le grandi opere andavano moltiplicandosi permettendo notevoli abbattimenti delle distanze e quindi dei tempi. Il primo esempio si ha con la solenne inaugrazione, il 17 settembre 1871, del traforo del Frejus da Bardonecchia a Modane al quale seguì, nel 1882, quello del Gottardo.
Nel 1875 risultano anche ultimate la Napoli-Foggia e le ferrovie delle Riviere Liguri portando a 7.464 i chilometri di ferrovie aperti al pubblico servizio.
Nel corso degli anni il materiale rotabile andò evolvendosi rapidamente con l'entrata in servizio di carrozze sempre più confortevoli ed inoltre ben presto si abbandonò la dipendenza dall'industria straniera nella costruzione delle locomotive. Nel 1854, infatti, fu presentata da parte dell'Ansaldo & C. di Genova la prima locomotiva interamente realizzata nei suoi stabilimenti. Si trattava della Sampierdarena, un prototipo della potenza di 417 HP e velocità di 65 km/h, che svolse servizio sulla Torino-Novara fino al 1900.
http://www.leferrovie.it/miaferrovia/

Macchina a vapore


Il progresso scientifico e anche quello tecnico sono due cose bellissime, che serviranno a ridurre le differenze sociali: senza la macchina a vapore, l'America non avrebbe mai abolito la schiavitù, su questo non ci sono dubbi.
                                           Sebastiano Vassalli, Cuore di pietra, Capitolo 4, Torino, Einaudi

Soltanto con la macchina a vapore di Watt, quella detta a doppio effetto, era stato trovato un primo motore che generasse da sé la proprio forza motrice, alimentandosi di acque e di carbone, la cui potenzialità fosse completamente sotto il controllo umano, che fosse insieme mobile e mezzo di locomozione, urbana e non rurale come la ruota ad acqua, che permettesse quindi di concentrare la produzione nelle città, invece di disseminarla per le campagne come avviene per la ruota ad acqua.
Karl Marx, Il Capitale, Libro I, capitolo 13, 1867
Macchina a vapore
Macchina a vaporedispositivo che permette la conversione dell'energia termica del vapore in lavoro meccanico.
Principio di funzionamento.Schematicamente la macchina a vapore è costituita da un contenitore, il bollitore, al cui interno, grazie all'azione di una fonte di calore, viene riscaldata acqua fino a temperature vicine all'ebollizione per ottenere vapore, che tende a espandersi in tutto il bollitore, o in un secondo contenitore in cui si riversa, esercitando una pressione sulle pareti tanto maggiore quanto più alta è la concentrazione del vapore stesso. Il vapore può venire convogliato su un pistone o una turbina, che sono messe in moto dalla pressione che ricevono, producendo lavoro meccanico. Nel corso degli ultimi tre secoli sono stati costruiti tipi diversi di macchine a vapore, nell'intento di migliorarne soprattutto l'efficienza, vale a dire la quantità di energia termica effettivamente trasformata in lavoro meccanico, che in queste macchine è particolarmente bassa, specie in quelle a pistone.

http://www.treccani.it/enciclopedia/macchina-a-vapore/

Nel corso del Seicento, a partire dagli studi di Galileo e di Torricelli,  furono ideati diversi dispositivi che si basavano sullo sfruttamento dell'energia del vapore. Fu però grazie al perfezionamento della macchina a vapore da parte di James Watt che essa trovò importanti applicazioni e permettendo la realizzazione di altre invenzioni, tra cui quella della locomotiva.



mercoledì 1 maggio 2013

Illuminazione pubblica

La grande casa incominciò a vivere con i suoi nuovi abitanti e a riflettere l'azzurro dei cieli sui vetri delle sue finestre, mentre la città alle sue spalle si rassegnava, oltre che alla sua presenza, ai tempi nuovi e al cosiddetto progresso: che già prima di allora si era manifestato con tante cose straordinarie, per esempio con la ferrovia e l'illuminazione a gas delle strade del centro [...].
                                           Sebastiano Vassalli, Cuore di pietra, Capitolo 2, Torino, Einaudi, 1996

L'uomo, sin dall'antichità, ha escogitato dei metodi per illuminare i quali, sino ai tempi più recenti, si basavano principalmente sull luce prodotta da una fiamma. 

La questione dell'illuminazione pubblica si presentò in modo più deciso in Francia attorno alla metà del XVI secolo, in stretta correlazione alla pericolosità delle vie cittadine: rischiarare le strade era un modo per scoraggiare i  banditi dall'aggredire i passanti. A un secolo più tardi risale l'obbligo di porre lanterne su muri di strade e piazze della capitale francese.
Sarà però l'Ottocento il secolo che vedrà le città europee illuminarsi, seguendo il modello parigino. Nel frattempo la tecnologia ha compiuto degli straordinari progressi e le città esibiscono dei funzionali e allo stesso tempo decorativi fanali stradali a fusione di ghisa alimentati  a gas, che non solo illuminano, ma abbelliscono la città con le loro forme e decorazioni ricercate. I progressi nella tecnica hanno, dunque, reso possibile l'utilizzo di questo combustibile, il gas, ottenuto dalla distillazione del carbon fossile in serbatoi di ghisa, che sostituirà piano piano il legno e l'olio in quanto garantisce una migliore illuminazione e una riduzione del rischo degli incendi.



Successivamente, con l'illuminazione elettrica, diffusasi verso la fine degli anni Venti del Novecento, queste vere e proprie opere d'arte vennero sostituite o riadattate per supportare le linee elettriche sospese. 

L'illiuminazione pubblica in Italia.
L'illuminazione pubblica in Italia compare sul finire del XVIII secolo, con un ritardo di almeno un secolo rispetto alle principali città europee.
Tra le prime città vi fuTorino, alla quale si può attribuire un seppur primitivo sistema di illuminazione pubblica, risalente alla seconda metà del '600, costituito da lanterne posizionate per illuminare le vie della città, disposte per ordine della Madama Reale Giovanna Battista. Fu poi grazie alla promozione dell'innovazione tecnologica da parte dell'Accademia delle scienze di Torino che sul finire del XVIII secolo, contemporaneamente ad altre città italiane, come Venezia, il sistema di illuminazione assunse il modello europeo.
E fu così che, una dopo l'altra, tutte le principali città italiane (Milano, Bologna, Firenze, Genova, Napoli, Roma, Palermo..) garantirono ai loro cittadini questo  prezioso servizio, anche se le zone più decentrate del Paese rimasero ancora avvolte nelle tenebre.
In seguito, verso la metà del XIX secolo, anche in Italia, come stava già accadendo nelle capitali europee, comparvero i lampioni stradali a gas, segnando effettivamente l'inizio dell'illumiazione pubblica cittadina.